È l’ultimo giorno di questo duemiladiciotto. In sottofondo, Spotify mi sta riproponendo le canzoni che ho più ascoltato quest’anno. Mentre scorrono, ripesco dalla memoria i momenti che le hanno accompagnate. Sarà che a me i bilanci non piacciono, infatti, ho un commercialista e faccio lo psicologo, comunque oggi mi sono preso del tempo per fare ordine fisico, in studio e nell’armadio, e mentale. Se la vita è una e scorre in continuo, la mia è fatta di tante storie che si intrecciano. Ci sono quelle dei miei pazienti. Penso alle loro sedute, settimana dopo settimana. Li vedo piangere o contenere le proprie emozioni rispetto a quello che ci ha fatti incontrare. Li sento crescere, anche con fatica, nel prendere consapevolezza di chi sono stati e di chi sono. Ammiro la voglia di prendersi a cuore e tirar fuori, dal dolore e dalle difficoltà, qualcosa che sia fecondo. Ognuno con la…
Ieri è iniziato il mio nuovo gruppo di supporto psicologico. L’ho chiamato Parko Creativo perché è destinato a persone che hanno la Malattia di Parkinson e ai loro familiari. Il nome non è stato pensato a caso: parko (con la k che richiama Mr Parkinson, noi useremmo la C) è una parola di origine preindoeuropea che significa recinto, un luogo protetto all’interno della riserva del signore. Il gruppo è un luogo chiuso e protetto dall’esterno, si crea uno spazio, creato dalle persone, in cui è possibile elaborare emozioni difficili, come quelle di una diagnosi di una malattia neurodegenerativa. Sono i confini del gruppo stesso a proteggere, è lo sguardo dell’altro a dare fiducia, è la sua parola a ridare significato a gesti quotidiani, che il senso l’hanno perso. Ma perché creativo? Perché a differenza delle ultime edizioni, ho deciso di sperimentare con loro l’utilizzo della tecnica espressiva: un foglio bianco,…
23 settembre 2018, ore 3.54. Ecco l’equinozio che segna l’inizio dell’autunno. La notte uguale al giorno (anche se non è proprio così, ndr), luce e ombra perfettamente in equilibrio e armonia. Una sorta di sospensione fisica e psichica. Cosa resta dell’estate? Foto, ricordi, emozioni, … I corpi, che si sono piano piano scoperti e che hanno portato più in superficie quelle parti di noi maturate durante l’inverno, torneranno lentamente a coprirsi. L’aria che si fa un po’ più fredda accompagnerà un moto che dall’esterno, ci porterà un po’ più a contatto con il nostro mondo interno. Proprio lì, dentro di noi, andiamo a ricercare quella sensazione di calore, tanto piacevole quando le temperature iniziano a calare. L’accorciarsi delle giornate dà risalto alla dimensione della notte, del buio, dell’insicurezza. Ecco che l’umore può farsi più instabile, un po’ come il tempo atmosferico. La gioia cede il passo alla nostalgia e alla…
Doppio click… cuore… messaggio in direct e poi? E poi… pensavo fosse amore e, invece, era un mi piace. Lavorando con i pazienti e parlando con i miei amici spesso ci confrontiamo su come sia cambiato il modo di relazionarci attraverso i social. Se all’inizio sembrava una questione di forma, l’immediatezza, oggi sembra essersi modificato anche il contenuto e con esso le emozioni che riversiamo in quello che postiamo e che si attivano in ciò che vediamo. Per questo motivo, ho pensato di dare spazio a una nuova rubrica che vi ho annunciato la scorsa settimana: l’Amore ai tempi di Instagram. Avete iniziato a rispondermi in tanti e di questo vi sono profondamente grato. La prima riflessione che voglio fare con voi riguarda la presa di distanza dal mezzo: i social hanno rovinato le relazioni, hanno fatto solo danni, è diventato tutto superficiale, una fuga dalla routine, … Cosa mi ha…
5 agosto. Ore 23.00. Sto studiando da 2 ore. Ore 23.30. Decido che è il momento di andare a letto e mi collego un attimo su Facebook, il mio professore di filosofia del liceo ha condiviso un video: la vita è anche assenza. Quel monologo mi colpisce come un pugno in pancia. Solo in apparenza questa affermazione sembra in pieno contrasto con gli approcci legati al vivere il presente (mindfulness, in primis). Noi l’assenza la viviamo poco o non la viviamo per niente. Pallino verde, spunte blu, online, … Siamo alla costante ricerca di placare quegli spazi vuoti. Già, quando ci fermiamo, spesso proviamo angoscia e ansia perché, nei silenzi, la nostra mente inizia a parlare prepotentemente un linguaggio con non vogliamo sentire: le emozioni. O meglio, ci piace leggere nel nostro corpo tutte quelle sensazioni positive che ci fanno sentire importanti, belli, arrivati, appagati, tutto il resto non vogliamo…
Fine luglio. Il caldo sta iniziando a farsi sentire; la tolleranza verso gli imprevisti della vita quotidiana è pericolosamente bassa; l’umore oscilla tra l’euforia delle serate estive e il nervosismo del risveglio per andare al lavoro. Una sola parola sembra rasserenare l’anima: vacanze. La parola di derivazione latina (da vaco, as, avi, atum, āre) offre una preziosa indicazione per questo periodo: essere vuoti e liberi. No impegni, no scadenze, no obblighi: salutiamo il dovere per dedicarci al piacere. Il must dello stacco estivo sembra essere proprio questo. Pensiamo che smettere di dedicarci alle incombenze quotidiane possa ripulirci la mente e il cuore. Quante volte ci siamo detti, più o meno consapevolmente, lascio i problemi a casa, chiudo la valigia, parto e non ci voglio pensare? Bene, più che un viaggio, questa decisione profuma di fuga. È un po’ come se in vacanza volessimo smettere di vestire i nostri panni per provarne…
Ieri ho pubblicato sul mio profilo Instagram la foto che vedete in copertina. Vi ho invitato a riflettere sul valore emotivo del cibo e vi ho chiesto: Chi invitereste a cena? Mi avete risposto in tantissimi e ogni messaggio mi ha raccontato molto di voi. Quindi, grazie per seguirmi sempre con tanto affetto, ma soprattutto grazie perché mi avete ispirato per questo post. Una delle risposte che più mi ha colpito è stata: inviterei a cena me stesso. Mi sono chiesto, come mai avvertiamo la necessità di cenare proprio con noi stessi? Sedersi a tavola ha lo scopo primario di nutrire il corpo, ma, ammettiamolo, oggi mangiamo molto meno per fame e molto di più ci piace cibarci delle emozioni che il cibo evoca in ognuno di noi. Siamo dei ricercatori e divoratori di emozioni. Su questo torneremo prossimamente per fare un po’ di chiarezza su tutto quello che si…
È appena passato il weekend. Lunedì mattina, in studio, prima di iniziare le sedute. Mi prendo 10 minuti per sentire nuovamente questi giorni di mare. Ne avevo bisogno. Il sole che scalda. Il rumore delle onde del mare. I pensieri che vanno e vengono, ma soprattutto vanno. Ecco quello che fa bene al cuore. Sono giorni che non scrivo sul blog e in molti mi avete chiesto come mai.La risposta è semplice, apparentemente: cambiamenti lavorativi, nuovi orari da rispettare e scadenze pressanti. E questo mio spazio? Silenzioso. Ho dovuto far pace con la voglia di fare sempre tutto: è impossibile. Avere un blog, nella mia testa, significa dargli voce, permettergli di crescere, raccogliere racconti e storie che si incrociano. È vero, curare questo spazio ha tutti questi significati. Ma è necessario concedersi del tempo. Spesso nella vita, vorremmo tutto e subito: il lavoro dei sogni, la casa perfetta, la relazione…
Siamo immersi in un mondo di colori. Li diamo per scontati, ci siamo abituati e ci sembra impossibile un mondo in bianco e nero. Questo è vero per la maggior parte delle persone. Esiste però un disturbo chiamato acromatopsia che porta a cecità completa o parziale per i colori. Ve ne sono diverse forme: quella congenita e più rara è un difetto genetico autosomico recessivo che colpisce, negli Stati Uniti, una persona su 33.000; quella conseguente a una lesione cerebrale del network centrato sull’area V4; quella degenerativa, che ha un decorso più sfavorevole e è centrata sulla retina. Cambia la percezione della realtà e si modifica ciò che produce nel nostro mondo interno. Perché? Ogni frequenza cromatica produce un effetto psico-fisiologico specifico in chi la percepisce, al netto di atteggiamento personale, età, sesso e cultura di appartenenza. Ciò che cambia, da individuo a individuo, è la valenza associata alle diverse gamme…
17 maggio 2018: STOP OMOFOBIA. STOP HATE! Apri i social e tutto sembra possibile: persone lontane, che non si conoscono, e che finiscono per avvicinarsi, notizie in tempo reale, pezzi di vita raccontati con le immagini. Apri gli occhi mentre sei sul posto di lavoro, stai andando a fare la spesa, sei sui mezzi e intorno a te vedi tante persone simili a te. Eppure, tanto nel mondo digitale quanto in quello fisico delle interazioni faccia a faccia, alcuni pregiudizi sono duri a morire. Vite che suonano scomode e sbagliate. Senti voci che dicono: mi fai schifo, ti pesto, risate, … E poi, vedi i comportamenti: messaggi sulle bacheche, pestaggi, indifferenza. Ecco perché molte persone negano se stesse, non vivono: per paura. Da quando siamo piccoli viviamo in un intricato sistema di relazioni, ne abbiamo bisogno per la sopravvivenza e per il nostro sviluppo. Abbiamo la necessità di sentirci accettati…